Molte tradizioni integrano l’uso delle erbe nella pratica clinica in quanto le piante sono l’elemento di connessione tra il corpo e lo spirito, anche negli animali. Le piante hanno infatti la potenzialità non solo di guarire il corpo ma anche di supportare diversi gradi di superamento di traumi emozionali.
L’uso delle erbe negli animali comporta informazioni a volte non chiare per la mancanza di una legislazione precisa. È importante innanzitutto chiarire la confusione che si crea tra la classificazione delle erbe in fitoterapici o integratori alimentari.
Quando si parla di fitoterapia, si intende l’utilizzo di principi attivi estratti dalle piante, cioè di particolari molecole che presentano proprietà curative che si possono concentrare maggiormente in alcune parti della pianta come radici o foglie. In questa categoria, le piante vengono sottoposte a metodi di preparazione meccanici, come ad esempio la triturazione o polverizzazione e metodi estrattivi come ad esempio l’estrazione alcolica.
Quando si parla invece di erboristica, si intende l’utilizzo di parti di piante che vengono sottoposte a lavorazione “più naturale” che prevede altre metodiche quali macerazione, infusione, decozione. Questo non significa che siano meno efficaci, anzi, in quanto permettono la naturale azione sinergica di tutte le componenti della pianta.
La grossa differenza sta nel fatto che la seconda categoria necessita di essere gestita da persone esperte che abbiano conoscenze di botanica e di erboristeria. Infatti, in questa seconda categoria di piante con effetti benefici, rientrano gli integratori alimentari che vengono immessi sul mercato seguendo molto spesso il trend del momento, con la conseguente disponibilità di acquistare prodotti che non contengono le concentrazioni adatte o addirittura nessuna traccia della pianta riportata sulla confezione. La disinformazione porta all’utilizzo di prodotti erboristici che non sono efficaci perché non contengono le corrette componenti delle piante o, se presenti, in scorrette percentuali.
Un esempio classico, molto di moda al momento, e’ rappresentato dall’utilizzo medicinale della canapa (Cannabis sativa). Al di là del rispetto delle normative vigenti relative al contenuto di una particolare sostanza estratte dalla pianta (delta-9-tetraidrocannabinolo, comunemente detto THC), l’attenta lettura delle componenti presenti nel prodotto e ancora di più la valutazione delle analisi di laboratorio, rivelano purtroppo che molti prodotti in commercio non contengono le componenti considerate terapeutiche.
Spesso, infatti, prodotti recanti la dicitura “CBD” (cannabidiolo), solo uno dei molti fitocannabinoidi a potenziale terapeutico identificati nella pianta di canapa, NON contengono le molecole necessarie ad un utilizzo terapeutico.
E similmente moltissimi altri integratori alimentari a base di piante in commercio.
In questa area è assolutamente importante affidarsi al consiglio di un esperto che sia in grado di consigliare il prodotto giusto e l’azienda produttrice giusta dopo attenta valutazione.
La tradizione erboristica inserita in diverse discipline mediche, vanta secoli di studi e applicazioni cliniche che permettono agli operatori del settore di avere le capacità necessarie per distinguere un prodotto valido da un prodotto non valido e guidarvi nella scelta giusta.
Un particolare accenno invece va posto ai funghi medicinali che appartengono a un regno tassonomico separato anche se comunemente inclusi nella categoria di fitoterapici o integratori alimentari.